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Un libro e un documentario dedicato agli ascolti del centro spaziale di Torre Bert Per chiunque si vuole avvicinare al mondo del radioascolto “spaziale” il nome Judica Cordiglia è uno dei passaggi principali, i due fratelli torinesi rappresentano infatti i più noti appassionati italiani che si siano occupati di ricezioni di segnali dallo spazio. Negli anni '50-'60 i fratelli Achille e Giovanni Battista Judica Cordiglia, con i lanci spaziali dei primi satelliti artificiali e di astronauti, avevano legato il loro nome alla realizzazione di una stazione di radio intercettazione di segnali telemetrici e di comunicazioni in fonia diretta provenienti da satelliti strumentali, da navi spaziali con equipaggio umano a bordo e da basi spaziali sovietiche a terra. Dal 1957 al 1667 il loro centro di ascolto di Torre Bert dei due fratelli torinesi divenne il fiore all’occhiello della stampa italiana che li consultava e ne esaltava le lodi durante ogni missione nello spazio. Nel giugno del 2007, complice penso il 50esimo anniversario del lancio dello Sputnick, il nome dei Judica Cordiglia è ritornato a essere presente sui mezzi di comunicazione grazie alla pubblicazione di un libro e alla trasmissione sulle reti Sky di un nuovo documentario dedicato agli ascolti di Torre Bert. Chi scrive aveva conosciuto la storia dei due “ascoltoni” torinesi grazie al sito http://www.lostcosmonauts.com e aveva avuto il piacere di intervistarli prima per il programma Golem di RadioUno e poi per un mio programma per Radio3. Entrambe la interviste erano state dedicate più all’aspetto storico dei loro ascolti e meno a quello tecnico visto che erano dedicato ad un pubblico di massa come gli ascoltatori di RadioRai. L’aspetto tecnico relativo alle loro intercettazioni è quello che è sempre stato tenuto in minor risalto dai due fratelli, nelle interviste e nei siti a loro dedicati non si trovano frequenze o descrizioni delle loro antenne ma bensì il clamore che aveva suscitato in quegli anni i loro ascolti. Tutte le loro rilevazioni sulla ricezione di astronauti periti nello spazio non sono mai state accompagnate da documentazione tecniche che le “validassero” e quindi sono state spesso messe in discussione da altri gruppi che negli stessi anni si occupavano di ascolto spaziale. Il documentario, trasmesso da History Channel, dal titolo “I pirati dello spazio” anche in questo caso è più dedicato all’aspetto folkloristico dei due ragazzi degli anni 60 che invece di andare a ballare ascoltavano i satelliti che non al valore tecnico delle loro intercettazioni. L’uscita del libro, dal titolo “Dossier Sputnik...questo il mondo non lo saprà..'' (edizioni Minerva) speravo che fosse l’occasione per un approfondimento serio sulla vicenda di Torre Bert che mettesse fine alle numerose voci che su Internet e nella comunità radio amatoriale mettevano in dubbio alcune imprese imprese dei fratelli Cordiglia. Ebbene dopo che mi sono letto con cura le 454 pagine del volume i miei dubbio su questi ascolti rimane ancora perché il libro non è proprio quel documento tecnico storico che mi immaginano. La maggior parte del libro è realizzato con un taglia e incolla di articoli di giornali e lanci di agenzia dell’epoca e minime sono le parti scritte dai due autori. In questo modo a parte qualche raccordo scritto da loro la maggior parte degli eventi viene raccontata da articoli o lanci dell’agenzia Ansa scritti da giornalisti e non da tecnici. Il libro non contiene praticamente nessuna informazione tecnica sugli ascolti dei due fratelli: non ci elenchi di frequenze (a parte quelle già note intorno ai 20 mhz usate dai russi), non ci sono indicazioni sulle modalità di ascolto e non ci sono soprattutto indicazioni serie sulle antenne utilizzate. Le informazioni tecniche hanno sempre il tono giornalistico del tipo "..installata a Torino la più grande antenna spaziale…" ma non viene descritto in nessun modo che tipo di antenna e' e su che frequenze lavora. Le antenne sono descritte dal punto di vista meccanico e non dal punto di vista elettrico senza spiegare quindi se erano yagi, ground plane o semplici dipoli. Anche il riferimento ai ricevitori sembra scritto da qualcuno che non conosce questo mondo, il ricevitore americano Natianal HRO viene chiamato semplicemente HRO e non si hanno mai informazioni sulla modalità in cui avvenivano le ricezioni. Il libro sembra insomma una nuova celebrazione mediatica dell’attività dei Cordiglia e non chiarisce per niente le tecniche di ricezioni utilizzate per l’ascolto delle comunicazioni spaziali. Insomma il libro ha un valore dal punto di vista storico e narrativo perché racconta con novizia di particolari l’aspetto famigliare dell’attività del centro d’ascolto di Torre Bert (il padre curava per loro i comunicati stampa e la sorella traduceva le ricezioni dal russo) ma non aggiunge nessun particolare tecnico-scientifico alle ricezioni delle missioni ufficiali russo e americani e alle intercettazioni delle missioni segrete che sono da sempre al centro delle polemiche riguardanti i due fratelli. Si tratta insomma di una buona lettura per chi vuole conoscere per la prima volta la storia del centro d’ascolto spaziale di Torre Bert ma per chi vuole invece approfondire e trovare materiale tecnico questo libro ci lascia quasi a mani vuote. Dossier Sputnik ''...questo il mondo non lo saprà...'' |